La dedicazione è a San Bernardo di Chiaravalle. Questi nasce in Francia nel 1090, a ventidue anni entra nell’Ordine benedettino nel convento di Citeaux e poi fonda l’ordine cistercense. Nominato abate a Chiaravalle, gira poi l’Europa e l’Italia per creare nuovi cenobi ed è pure mediatore e messaggero del papa.
Una leggenda vuole che sia passato anche da Manerba ed abbia attraversato il lago con i suoi frati e nella stessa si fa menzione dell’esistenza di due monasteri sulla sponda del lago: uno a Maguzzano e uno a Manerba. Racconta questa leggenda che in un lontano pomeriggio estivo i pescatori di Garda vedono avvicinarsi alla riva due barche provenienti da Manerba e su una delle quali c’è Bernardo da Chiaravalle. Un temporale si scatena nella zona , ma nel luogo dove si è fermato il santo a parlare (sotto un grande albero) nessuno è colpito dalla pioggia: in quel luogo a Garda sorgerà una chiesetta in suo onore e il suo culto nel paese veronese comincerà a diffondersi nel XV secolo. Tanto è ricca la documentazione sul monastero di Maguzzano, che vede la presenza benedettina sul finire del X secolo con tanti privilegi e ricchezze tanto è inesistente quella su Manerba. Non dimentichiamo che in zona si è soggetti a vari monasteri da san Zeno di Verona a quello di Leno e anche i benedettini portano il loro contributo, legato soprattutto a innovative colture. i vari possedimenti di Maguzzano si estendono, come pure quelle degli altri monasteri anche in questa zona, non è da escludere che a Montinelle ci sia stato un piccolo cenobio, anche per il fatto che la dedicazione di una cappella a s.Bernardo non rientra del tutto nel ciclo santorale veronese. Da aggiungere inoltre che vari possedimenti dei monasteri vengono in genere riscattati dai campari e tra questi i Bertinis e a Manerba sono già presenti nel XV secolo.
San Bernardo è protettore degli apicoltori e dei cereaioli, invocato contro le tempeste e le bestie nocive ma in modo particolare per la liberazione degli indemoniati. La presenza del diavolo è molto sentita nel medioevo e anche qui non possiamo omettere un’altra leggenda, sicuramente non riferita al nostro paese ma al santo e al suo rapporto col santo. Sempre nel suo peregrinare legato alla predicazione e alla fondazione di nuovi centri , e Barlich, il diavolo , ha fatto di tutto per fermare il cammino di Bernardo e il santo è sempre riuscito ad avere la meglio, tranne una volta in cui il diavolo rompe la ruota della carrozza per farlo desistere dal suo cammino. San Bernardo si raccoglie in preghiera ed ecco apparire il demonio con tanto di coda: il santo lo prende per la coda e lo fa girare tante volte su se stesso fino a farlo diventare tale e quale la ruota della carrozza. Da evidenziare anche la grande devozione dell’abate cistercense per la Madonna , di dantesca memoria la preghiera alla Vergine.
L’attuale chiesa è attribuibile al XV secolo: il lacerto di affresco quattrocentesco ci richiama questo datazione: si ha conoscenza dell’esistenza della stessa dal verbale della visita pastorale del vescovo Ermolao Barbaro nel 1454. Forse è stata edificata a ricordo di precedenti insediamenti cenobitici, appunto perché il culto di s.Bernardo fino dopo ilo Concilio di Trento non è molto diffuso, se non legato a piccoli monasteri cistercensi o a ex voto volu dal committente in onore del proprio nome.
Nel XVI secolo è funzionante e serve alla villa (frazione) di Montinelle Dal verbale delle visite pastorali dei vescovi GianMatteo Giberti e Agostino Valier risulta non sempre in buone condizioni: nel 1529 il vescovo ordina di tener chiusa sia la porta della chiesa sia del cimitero annesso perché non entrino bestie. E’ di pertinenza e mantenuta dalla villa di Montinelle , ma ci sono pure dei lasciti in suo favore.
Nel 1578 ha due altari: uno dedicato a s.Bernardo con pietra sacra e un altro dedicato alla Vergine senza pietra consacrata. Non hanno alcun reddito per la celebrazione di messe: si ordina di dotarli di croci almeno in legno e di due lampade per la celebrazione e di rimuovere un vecchio altare in legno spoglio che si trova fuori della chiesa. C’è un po’ di confusione e contraddizione sul reddito. Perché non sono applicati del tutto i lasciti: la celebrazione delle messe è saltuaria e a spese degli abitanti.
Restaurata e quasi ricostruita nella seconda metà del secolo XVI , in occasione della visita di Agostino Valier e a seguito della richiesta del console della villa di Montinelle, Francesco Bonincontro viene concessa a detta chiesa di aver un proprio sacerdote mantenuto dalla comunità che possa celebrare e abbia cura delle anime , seguendo le indicazioni festive della parrocchia e concelebri con il parroco nella veglia pasquale: è un anticipo della rettoria.
Per il mantenimento di questa autonomia troviamo l’intervento del vescovo Marco Giustiniani nel 1636, quando incarica il cappellano di procurare ai reggenti della villa e di conseguenza anche della cappella i legati della stessa. Non dimentichiamo che non dovevano essere pochi, perché si è reduci dalla famosa peste del 1630 e in queste occasioni molte persone abbienti lasciano i loro beni alla chiesa o per la celebrazione di messe o per altre funzioni, tra cui la dotazione di reliquie, di suppellettili sacre (E’ di questo periodo e conseguenza del testamento Beltrame la nascita del Monte di Pietà a Montinelle) Dal verbale emerge una chiesa abbastanza in ordine, con la presenza di tre altari: quello maggiore che ha bisogno di tela cerata e abbonda in tovaglie, quindi si chiede di togliere le superflue. All’altare di s.Rocco e s.Nicola si porti verso l’esterno la pietra sacra, lo si doti di due candelieri , di tela cerata e della pedana. All’altare di s.Michele si provveda della pietra sacra, di tela cerata e si restauri la pedana. La chiesa stessa ha bisogno di inferriate e di finestre in legno per impedire l’entrata di uccelli. Infine anche il cimitero ha bisogno di cancello e che vi sia innalzata una croce.
Risulta più ricca e più funzionante per quanto concerne il culto nel 1655, come si desume dal verbale della visita del vescovo Pisani I: la terra di Montinelle mantiene due sacerdoti, uno celebra nelle festività e tre volte la settimana per disposizione del legato Costiola e un altro celebra tutti i giorni. Le condizioni dell’edificio e in modo particolare degli altari sono un po’ carenti:quello maggiore è rotto e viene sospesa la celebrazione, quello di s.Rocco non ha la pietra consacrata e anche in questo è sospeso , mentre in quello di s.Michele la pietra deve essere spostata perché non ha la distanza giusta dal petto del sacerdote. Anche il pavimento non si presenta in condizioni ottimali presenta delle rotture, inoltre c’è la presenza in chiesa di legname superfluo e si chiede di toglierlo. Il cimitero ha ancora bisogno di croce e di cancello.
A distanza di pochi anni, nel 1670, i tre altari sono in regola e quindi sono abilitati alla celebrazione delle messe e la comunità di Montinelle provvede al mantenimento dei sacerdoti che operano in luogo, adempiendo alla volontà espressa nei vari legati.
Due verbali delle visite vescovili di Barbarigo nel 1711 e di Bragadino nel 1743 ci offrono altre conoscenze sull’evoluzione anche della comunità o vicinìa di Montinelle sempre legata alla sua chiesa. Dal primo risulta che questa è ben tenuta, con confessionali e sacrestia a norma, il richiamo è per la necessità di alcuni arredi e suppellettili sacre e paramenti. Nel 1743 la chiesa è a posto: si è pure arricchita di un organo di recente costruzione . itre altari sono così presentati:
Altare maggiore: ha la mensa marmorea, la pietra consacrata e un paliotto dipinto, il rimanente è in legno, come pure il tabernacolo presente.
Altare di s.Michele: ha la mensa marmorea, la pietra consacrata e un’icona dipinta, il rimanente è in gesso lavorato.
Altare di s.Rocco: ha la mensa marmorea, la pietra consacrata, un’icona dipinta e nel rimanente costruito in gesso.
La comunità è abbastanza autosufficiente e un po’ indipendente dalla Parrocchiale (era in fase di costruzione quella nuova a Solarolo) infatti in detta chiesa può essere impartito l’insegnamento della Dottrina Cristiana, prerogativa della Parrocchia. Segno di evoluzione è anche il desiderio di costruire un nuovo cimitero e il vescovo va a visitare il luogo destinato.
Nel prosieguo non vi sonoi cambiamenti se non ordinaria manutenzione. Nel XIX secolo non vi sarà più il cimitero perché secondo le normative napoleoniche saranno tutti unificati e per motivi igienici spostato lontano dai centri abitati.
Dal decreto vescovile della visita del vescovo Giuseppe Grasser nel 1837 non risulta niente di particolare, tranne il richiamo al colore dei paramenti: qualora sieno tinte in rosso o verde o violaceo le pianete gialle e celeste, e sia messa una nuova pietra sacra all’altare di s.Michele, non v’ha alcuna cosa che meriti alcun rimarco.
Agli inizi del XX secolo , nel 1906, dal verbale della visita di Bartolomeo Bacilieri è denominata Oratorio di S.Bernardo: vi è la messa tutti i giorni ed è sufficientemente provvisto.
E’ riuscita a mantenersi un sacerdote presente e operante, pur dipendendo dalla parrocchia e rimanendo solo rettoria fino agli anni sessanta del secolo scorso. Ora è aperta al culto solo in alcune occasioni e nella festa del patrono il 20 agosto.
La struttura
La chiesa è ad aula unica con struttura a capanna:la zona absidale è quadrata, mentre l’aula è rettangolare con alcune irregolarità dovute all’adattamento alla morfologia urbana. Rispettivamente alla destra e alla sinistra dell’altare maggiore si accede al piccolo campanile e alla sacrestia con raffinate decorazioni nella parte superiore.
Esternamente non vi sono decorazioni sui fianchi laterali, mentre nella facciata sono presenti un ampio portale, incorniciato di pietra-foggia tardo secentesca, due finestroni laterali , un rosone centrale, una semplice cornice in alto e tre pennacchi sul colmo. Il campanile, piuttosto alto, è scandito nelle due parti da fasce orizzontali e nella sommità da un elaborato cornicione.
All’interno sulla parete sinistra lacerto di una Madonna del latte in trono, si può ipotizzare una datazione quattrocentesca per l’impostazione goticheggiante di ciò che resta del trono.
Di difficile riconoscimento un altro lacerto di affresco sulla parete sinistra
Un altare laterale a sinistra dedicato a san Rocco: è in muratura in laterizio intonacata, dipinta e stucco modellato. Il dipinto (olio su tela), datato 1712e racchiuso in una cornice di pregio, rappresenta la Madonna addolorata con quattro santi.. Sono riconoscibili san Rocco, mentre due sono ipotizzabili : s. Nicola da Tolentino pure lui protettore della peste, forse santa Lucia per la forma degli occhi, l’altro è un ecclesiastico, ma senza alcun segno distintivo. Da evidenziare inoltre il tabernacolo in legno intagliato, dipinto e dorato. Due piccole sculture in alto rappresentanti due angioletti in stucco modellato.
L’altare maggiore con due gradini e paliotto in muratura in laterizio intonacata e dipinta. Due nicchie nell’abside: a sinistra la statua di san Bernardo in legno scolpita e attribuibile alla seconda metà dell’Ottocento, mentre nella nicchia a destra la statua di san Rocco in legno scolpito dipinto, attribuibile al XVIII secolo. Una cornice architettonica con due angeli e Dio padre in gloria racchiude una pala attribuibile al XVI secolo e raffigurante a sinistra san Bernardo e alla destra sant’.Antonio abate, mentre in alto la Madonna in gloria con Gesù Bambino tra san Rocco e san Sebastiano.
L’altare a destra dedicato a s.Michele, con paliotto e due angioletti del XVII secolo. La pala dell’altare, in olio su tela rappresenta la Madonna in trono tra s.Bernardo e s.Michele arcangelo ed è attribuibile al XVI secolo. In basso a sinistra il ritratto del donatore.
Infine sulla parete destra, a sinistra dell’ingresso laterale, una lapide datata 1593 in marmo rosso di Verona scolpito.